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Direzione Artistica Flavio De Paola

Gli Psicosuoni

DICONO DI PABLO MAXIMO TADDEI:

4ARTS cultura&lavoro

Philippe Daverio

“…In una scena in cui la luce gioca con la presenza degli attori, si muovono corpi e voci in un crescendo di “recitar-cantando”: è questa l’ardita tecnica degli “psicosuoni”, basata sull’alterazione del timbro vocale e sull’uso di una gestualità e di una mimica particolarmente espressive, quasi caricaturali, in pieno accordo con la voce e la musica. Una tecnica che, sebbene difficile da “assorbire” in un primo momento, rivela inedite potenzialità, oltre alla grande duttilità degli attori.

Elisa Lorenzini

“…Con la tecnica degli “psicosuoni”, che da anni sperimenta, Pablo Maximo Taddei ha creato una bolla funzionale sospesa sullo spazio e sul tempo, nel limbo spugnoso della fantasia dove l’incredulità è abolita e lo spettatore subisce un bombardamento congiunto di suoni e parole.”

di Alessio Liverziani

“…Se vi piacciono le atmosfere oniriche e il mondo immaginifico e visionario stile “Alice in wonderland”,

 

 PROGETTO   MNEMONICO

Ovvero amnesie della creatività

TECNICA DEGLI “PSICOSUONI”

Di Pablo Maximo Taddei

Da oltre 30 anni sto elaborando questa mia particolare tecnica e/o sistema (sia su attori professionisti, che alle soglie del professionismo), ottenendo dei risultati molto interessanti.

La parola “Psicosuono” nasce dalla elaborazione del termine “risuonatore” di Jerzy Grotowski, il quale, come si sa, ha elaborato e approfondito tecniche vocali usando il corpo come “cassa di risonanza”, ed inserendo la mimesi e, per così dire, lo “psicologismo”: motivazioni legate al sentimento ed agli stati d’animo della frase da interpretare. Questa tecnica, in qualche modo, non si allontana molto dalle tecniche attorali che tutti conosciamo ma, questo  metodo s’ insinua, per così dire, nell’altro da se. La costruzione e la strutturazione del “pezzo” da interpretare   percorre, nel sistema tradizionale, più o meno, la strada del “carcere” espressivo dell’attore: tutto veniva costruito in modo da avere una ripetizione esatta  di replica in replica con qualche piccola variante. Però, spesso,  si cadeva in alcuni clichet e/o atteggiamenti più o meno esasperati. L’improvvisazione, con questo tecnica, dove l’io si “comprometteva con la memoria, era impraticabile: l’evoluzione psicologica interiore dell’attore (struttura) impediva l’improvvisazione e, nel contempo, “l’accidente” era vissuto come errore. Lo  “Psicosuono”, nel mio caso, si può definire come: “sentirsi sentito” : la psicologia viene usata dall’attore per cercare le vibrazioni in varie parti del corpo, ed avere come risultato mutamenti timbrici della voce. La psicologia e/o l’io dell’attore è coinvolta esclusivamente nella concentrazione e nella ricerca del punto sul corpo da far vibrare. Il risultato e di sentire una voce fuori di sé e di poter dare a quella voce sentimenti e tensioni,  come dire, dall’esterno. Lo “Psicosuono” non fa fisiologicamente spostare la voce in quel determinato punto del corpo, ma psicologicamente “sposta” l’energia psichica nel corpo e da all’attore, oltre che un timbro insolito, la postura, la maschera facciale ed altri cambiamenti gestuali e dinamici, nuovi e originali. Un altro fatto fondamentale di questo tipo di tecnica è quello di cercare lo “Psicosuono” attraverso il respiro, che si somma al ritmo e poi deflagra nel suono della voce. Tutto questo “sentirsi sentito” permette all’attore di controllare il suo “esterno”, di aggiungere o togliere tensioni e cambiare gli stati d’animo con estrema rapidità, senza “aspettare” il “crescendo“ del cambiamento psicologico interiore.

A chi non è capitato di sentire la propria voce  registrata (specialmente la prima volta) e ha inorridito? Quindi lo“Psicosuono” permette il non coinvolgimento dell’io dell’attore perché usa una voce che non ha niente a che fare con la sua vita. -“Perché L’Arte è così lunga e la vita è così breve”- Jules Laforgue– .

In questo  metodo “progetto mnemonico” non si commette, per così dire, sempre gli “stessi errori” nello stesso    punto, ma modula in varianti quasi infinite, il suo errore. Il punto immaginario non è più, dunque, l’io, almeno non quello dei primi studi di Freud cui spettava di accertare l’accettazione  e  l’adattamento alla realtà: il non io dell’attore, in questo sistema, mette in gioco il sé del narcisismo come punto di echi e di riflessi di tutte le identificazioni possibili.  Ciò determina, in qualche modo,  il teatro del “nostro spirito”. Il “sentirsi sentito” fa scattare, appunto, il narcisismo più profondo e l’attore-esecutore può “commuoversi delle proprie altezze”   (C. Bene). Il sistema è corredato da altre tecniche che, partendo  dallo “Psicosuono”, danno la possibilità di gestire l’esterno: L’occhio che guarda lo spazio e da gli imput guardando il proprio corpo; in questo senso ho dato una serie di nomi  al modo di guardare: “ganci” : lo sguardo verso un punto dello spazio per spostarsi e creare un perimetro dove irrompe l’azione; “perni” :  guardare un punto dello spazio o un oggetto per poi muovere gli “arti-corpo” e determinare un’azione psicofisica. Il corpo con questo movimento si determina sullo spazio: braccia, mani, gambe; “specchi” vicini “: specchiarsi da vicino in una sorta  di “vedersi visti”. Il risultato sulla scena sarà quello di  guardare la profondità oscura dei sentimenti, gesti ciechi, ma che danno, al contempo, visioni. “Specchi lontani” : costruiscono un’immagini e temi ancestrali , dove i ricordi assumono i colori dei sogni. Il “punto e virgola” e/o animismo: è un particolare movimento con la testa che permette di creare  dei personaggi “invisibili” sul palco. Presenze “trasparenti” che l’attore, con la sua gestualità, le fa “vivere” sullo spazio.

Le variazioni tra ganci-specchi-perni etc…possono sovrapporsi o isolarsi, creando, di volta in volta, secondo l’esigenza dell’esecuzione, fenomeni espressivi estremamente interessanti.

Questo percorso tra suoni e gesti determina in ogni attore una “silhouette” irrevocabilmente personale. L’unico nell’arte, in questo modo, si riconquista. L’imitazione della realtà svanisce ed entra in campo il mistero, una nuova realtà, “il teatro dello spirito”.

IL sistema mi ha portato ad analizzare ed approfondire lo studio della maschera  e la gestualità della Commedia dell’Arte da cui il mio laboratorio “PROGETTO MNEMONICO” ha tratto suggerimenti e suggestioni,  che hanno svelato misteri e profondità vertiginose.

Compenetrando il metodo l’indagine si farà più serrata e conturbante.

Insomma,  questi meccanismi, per quanto riguarda il movimento, hanno una vastità infinita.  Nel laboratorio  si potranno sperimentare tutte le sue varianti e micro varianti. Questo modo di lavorare mette in azione  tutti i cinque sensi e da all’attore il senso della realtà nello spazio illusorio del palco-osceno.

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